Non è una novità, almeno per la scienza, se alcuni di questi specifici microbi possono regolare il metabolismo del nostro corpo, alleviare alcune forme allergiche, o prevenire patologie molto gravi nei soggetti predisposti, tra cui il cancro, il diabete, l’obesità e molte malattie autoimmuni o neurodegerative.
Ma che la scienza avesse inaspettatamente isolato da un Bifidobacterium longum una proteina, chiamata FN3 (presente sulla superficie di questa specie probiotica), con capacità antinfiammatorie e in grado di attenuare o annullare quelle citochine (infiammatorie appunto) capaci di indurre quella “tormenta polmonare” scatenata dal COVID-19, è stata una assoluta novità.
La recente scoperta è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Anaerobe ( PMID: 32771620*) qualche settimana fa. I ricercatori hanno scoperto che questa proteina è in grado di legarsi ad uno dei principali informatori citochinici dell’infiammazione che si chiama TNF-alfa (Fattore di Necrosi Tumorale). Tale fattore citochinico, scatenando la risposta infiammatoria dovuta al COVID-19, provoca a sua volta un rilascio a cascata di altre citochine infiammatorie tra cui, IL-1β, IL-6, incrementando quindi lo stato infiammatorio fino allo shock e allo stress polmonare. I Ricercatori hanno scoperto inoltre che la proteina FN3 di Bifidobacterium longum può legare anche queste citochine inibendone ulteriormente la loro attività infiammatoria. Gli studiosi, a fronte di questi risultati molto promettenti, stanno allestendo uno studio clinico per capire se nei pazienti colpiti da COVID-19 o da altre malattie infiammatorie, la proteina di questo interessante probiotico, il Bifidobacterium longum appunto, possa interferire con le varie fasi dell’infiammazione, inibendone gli effetti deleteri e talvolta mortali.
Tale scoperta è ritenuta da molti studiosi estremamente interessante, in quanto tali meccanismi infiammatori, in cui vengono coinvolti il TNF-alfa, e le interleuchine IL-1 e IL-6, sono presenti in tante altre patologie autoimmuni e infiammatorie molto comuni. Eccone un elenco: Stati infiammatori dell’intestino (IBS) e di altri organi (muscoli), Infezioni virali e batteriche, Malattia di Crohn, Colite Ulcerosa, Malattie autoimmuni (diabete, artrite reumatoide, alopecia areata, lupus, spondilite anchilosante), Psoriasi e dermatite atopica, Alzheimer e stati depressivi cronici, varie forme tumorali.
La ragione di questo interesse risiede nel fatto che i cosiddetti “farmaci biologici”, molto efficaci ma nel contempo costosi, si basano proprio sul blocco e l’inibizione di queste molecole infiammatorie. Gli scienziati sperano che con poche decine di euro di un probiotico contenente il Bifidobacterium longum si possano ottenere risultati incoraggianti per contrastare queste importanti patologie.
Che il Bifidobacterium longum avesse capacità immunoregolatorie si sapeva da tempo, tanto è vero che nel Probiotico Vitalongum di Probilive sono stati aggiunti 3 ceppi di Bifidobacterium longum con capacità anti-infiammatorie in vitro molto importanti.
La start-up Probilive (comunità di digital story tellers e scienziati su probiotici e microbiota) ha creato Vitalongum, grazie alla collaborazione con Probiotical Spa, una multinazionale al passo con i tempi su queste tecnologie produttive. Questo particolare probiotico contiene i 3 ceppi di Bifidobacterium longum microincapsulati (cioè micro-protetti) in elevate quantità, nonché zinco e selenio per rafforzare le attività antinfiammatorie e immunostimolanti, e i prebiotici FOS, vero e proprio carburante sia per i Bifidobatteri che per le cellule del nostro intestino.
I Bifidobatteri nascono con il parto, soprattutto se naturale, poiché nel neonato sono i primi a colonizzare l’intestino. Il problema che questi batteri vengono persi con l’età, e i fortunati che riescono a mantenerli nel loro intestino per tanto tempo sono purtroppo pochi.
Ecco perché una integrazione naturale con un probiotico innovativo e tra i migliori, come Vitalongum, anche a supporto delle terapie mediche, rappresenta uno dei traguardi più importanti per la nostra salute.
Chiaramente tali ricerche, anche se promettenti, non devono sostituire la reale efficacia dei farmaci biologici e il supporto del medico specialista, ritenuti essenziali per una ottimale riuscita terapeutica.